Il Tribunale di Torino torna a pronunciarsi sull'applicabilità della sentenza "Lexitor" della COrte di Giustizia dell'Unione Europea nell'ordinamento Italiano, sempre in tema di finanziamenti con cessione di quote dello stipendio.
Di seguito alcuni passi della sentenza, scaricabile nella versione integrale in fondo alla pagina:
"Essendo l’art. 125 sexies TUB una riproduzione dell’art. 16 della Direttiva europea appare evidente che non può ritenersi che nel caso di specie l’interpretazione fatta propria dalla stessa Corte di Giustizia possa costituire una interpretazione contra legem. Tale interpretazione deve essere, pertanto, ritenuta vincolante secondo i principi sopra citati e alla stessa deve essere altresì attribuito un effetto retroattivo. Afferma, infatti, la Suprema Corte che “la Corte di giustizia della UE è l’unica autorità giudiziaria deputata all’interpretazione delle norme comunitarie, la quale ha carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarla anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa. Ne consegue che a tali sentenze, sia pregiudiziali e sia emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito effetto
retroattivo, salvo il limite dei rapporti ormai esauriti, e “ultra partes”, di ulteriore fonte del diritto della UE, non nel senso che esse creino “ex novo” norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia “erga omnes” nell’ambito dell’Unione” (Cass. 8.2.2016 n. 2468). In merito la stessa Suprema Corte ha, quindi, affermato che “l'efficacia retroattiva della sentenza della Corte di Giustizia incontra, quindi, il limite della intangibilità dei cd. rapporti esauriti, ipotizzabile allorché una qualsiasi situazione o rapporto giuridico diviene irretrattabile in presenza di determinati eventi, quali lo spirare di termini di prescrizione o decadenza, l'intervento di una sentenza passata in giudicato, o altri motivi previsti dalla legge, trattandosi di istituti posti a tutela del fondamentale principio, di preminente interesse costituzionale, della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche” (Cass. 26.7.2019 n. 20342)."
"Devono essere, pertanto, ritenute invalide ed inefficaci, perché contrarie a norme imperative, a prescindere dal fatto che siano state espressamente approvate per scritto, le diverse disposizioni contrattuali volte a porre dei limiti nella possibilità di ottenere il rimborso di alcune tipologia di costi. In particolare il riferimento è alle spese escluse sotto la voce “rimborso anticipato” contenuta nel contratto ovvero le commissioni per il perfezionamento del finanziamento, provvigioni all’intermediario del credito, imposte e tasse, già interamente maturate in quanto facenti riferimento all’attività di perfezionamento del finanziamento.
Vista l’istanza formulata dal resistente di sollevare questione incidentale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea [...] la stessa non pare rilevante nel caso de quo in quanto la fattispecie in esame pare potersi risolvere alla luce di quanto affermato dalla stessa sentenza Lexitor nella parte in cui ha affermato il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito debba includere tutti i costi posti a carico del consumatore, con quantificazione degli importi da retrocedere secondo un criterio proporzionale alla durata residua del finanziamento dividendo la somma complessiva delle voci di costi per il numero delle rate rimanenti e con conseguente invalidità per contrarietà a norme imperative (artt. 125 sexies TUB, art. 16 Direttiva 2008/48/CE, art. 1469 ter cc, artt. 33 e 143 Dlgs 206/2005) delle clausole contrattuali che escludono la ripetizione dei costi sostenuti dal consumatore."
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